Recupero storico e delle tradizioni nel Parco della Civiltà
Alla scoperta della storia dell'ipogeo e terrazzamento
Il Parco della Civiltà di Grottaglie si trova nella zona più bassa della città, chiamata comunemente “bbasciu li sciardenere”, in quanto unico spazio che garantiva un'area di coltivazione ad orto, vicino alle tre porte di accesso, che produceva il sostentamento per le famiglie del posto. Ma non solo: tra le cultivar locali, in questi luoghi, si potevano trovare tantissime varietà di piante tra cui il melograno, la mela cotogna, il corbezzolo (arbutus unedo), il mirto (myrtus communis), il pero giammarrino, gli agrumi (limone, pompelmo, arancia, mandarino), il cetrangolo (arancia), il timo (thymbra capitata), l'elicriso italiano (helichrysum Italicum), la satureja cuneifolia (santoreggia pugliese). Inoltre, si raccoglievano delle essenze dalle quali si estraevano i colori naturali utilizzati dagli acconciatori, secondo la tecnica dei monaci bizantini e la tecnica del quartiere ebraico.
All’interno del punto ristoro del parco è presente un ipogeo artificiale, di non facile interpretazione, scavato a “tufo morto”. Le tecniche di scavo degli “zuccaturi” erano o a “tufo vivo” o a “tufo morto”; nel primo caso recuperavano i blocchi di roccia partendo con un'estrazione verticale e poi orizzontale, nel secondo caso quando il tufo non era molto consistente si procedeva a spaccare e ripulire la roccia frantumata. Questo ipogeo si ipotizza fosse adibito a stalla: presentava, infatti, tre mangiatoie ed anelli di roccia probabilmente utilizzati per legare gli animali da soma: si facevano posizionare sotto questi anelli con una carrucola, che faceva da paranco per sollevare la soma senza sforzo eccessivo per la schiena dell'animale.
Il pavimento è composto dalle antiche “chianche". Gli anelli di roccia sul soffitto della grotta avevano anche altre funzioni: veniva passata una corda per appendere le “lucerne” (lampade a combustibile liquido) ed illuminare l’ambiente.
Si nota anche la presenza di uno sfiatatoio di un antico focolare o di una cucina in quanto vi sono dei fori dove si presume fossero appese le pentole per la cottura, con il caratteristico colore marrone del tufo che assorbe i vapori del fumo e dove si sono sviluppate delle concrezioni come delle piccole escrescenze coralliformi.
Alcuni solchi verticali sulla parete destra della grotta ci possono far credere che la stessa fosse in fase di ampliamento. Gli “zzuccaturi” che erano gli uomini che scavavano gli ipogei artificiali, di solito iniziavano lo scavo partendo da un costone roccioso con dei solchi verticali, con “lu zzuecco” un piccone a due punte di cui una, la più corta, era orizzontale, mentre la punta anteriore era molto più lunga e verticale a lama, facevano delle linee verticali di scavo che servivano a recuperare il blocco tufaceo. Per poter recuperare questo blocco nella fessura ci infilavano legno di fico ed erba, e, bagnandolo, piano piano andava a lesionare il blocco per recuperarlo.
Quando si recuperavano questi blocchi di roccia, chiamati “midagliuni”, venivano utilizzati per creare architravi delle finestre e delle porte o i supporti per balconi. Dalla prima linea di scavo si recuperavano i blocchi migliori: questi erano i più richiesti perché il tufo, essendo stato a contatto con gli ambienti atmosferici, si era temprato. Erano, il più delle volte, alti fino ad un metro e mezzo e, man mano che si scendeva nello scavo, si recuperavano blocchi di tufo utilizzati per i muri divisori delle abitazioni.
A Grottaglie, fino al 1940, si scavavano ancora le cisterne nel centro storico, mentre alcune vennero scavate anche durante la seconda guerra mondiale: ad oggi non siamo ancora nelle condizioni di poter datare con certezza la Grotta del Parco della Civiltà.
Si è anche ipotizzato che questa grotta fosse una grotticella funeraria artificiale, ma ad oggi non abbiamo dati certi per dimostrare questa teoria.
Si ringrazia Gian Claudio Sannicola per il contributo tecnico e storico, guida ambientale escursionistica per itinerari nel territorio di Grottaglie.
Fonte: http://www.perieghesis.it/rupestre.htm